Urizen e le oscure visioni di William Blake
È stato un profeta, poeta, pittore e incisore. La speciale grandezza di Blake risiede, non in un’opera particolare, ma nell’insieme di suggestioni che nascono dal suo visionario universo e che profumano di fascino e mistero. Blake appartiene al novero di quelle poche grandi menti immaginifiche capaci di creare mondi che paiono dotati di realtà, coerenza, clima e atmosfere proprie. È l’artista stesso a parlare di “immagini sempre esistenti” che possono essere viste con gli occhi dell’immaginazione. Un mondo di archetipi collettivi la cui realtà è più credibile nel nostro secolo di quanto non lo fosse nel suo.
Estremo conoscitore della Bibbia e appassionato di misticismo, William Blake mostrò una certa attrazione per i due aspetti della vita che maggiormente possono sembrare in antitesi: sacro e profano. La sua attrazione per tutto ciò che va oltre l’ordinario si pone nella mente dell’artista come parte integrante del suo essere, una tendenza innata a vedere il mondo con occhi diversi: gli occhi dell’anima. Bisogna infatti sapere che l’infanzia di William Blake è stata fortemente segnata da visioni che lo hanno tormentato per anni. Egli era infatti un bambino speciale, con una forte sensibilità e in grado di percepire segnali che andavano oltre la realtà ordinaria. La sua prima visione la ebbe all’età di quattro anni, quando vide Dio stesso che gli apparve dalla finestra. Compiuti gli otto anni le visioni si fecero sempre più frequenti e Blake raccontò alla madre di aver visto il profeta Ezechiele. Ancora giovanissimo, a soli dieci anni, l’artista incomincia a scrivere le prime poesie e a sperimentare, attraverso l’uso delle parole, la possibilità di esprimere al meglio il suo mondo interiore, così difficile da comprendere per un adulto. Le sue letture preferite, sin dalla giovane età, possono far comprendere come quel bambino sia stato sin da subito molto speciale e diverso rispetto ai suoi coetanei; amava infatti i racconti della Bibbia ma anche Milton, Shakespeare e Dante. A ventun anni si iscrive alla Royal Academy e si specializza nella tecnica dell’incisione. Le visioni continuano, e addirittura arrivano ad aiutarlo nel suo lavoro di artista, spingendolo a sperimentare e acquisire nuove competenze. Blake, racconta che suo fratello, morto qualche anno prima, gli apparve in sogno per insegnarli come incidere sullo stesso foglio, poesia e disegno. Per mezzo di questa tecnica la scrittura ed i disegni sono trattati sul rame con un liquido che ha la capacità di resistere agli acidi; tutto il resto della lastra, viene invece attaccato dall’acido, in modo che si producano delle incisioni in cui il disegno e la poesia restino in rilievo.
LE OPERE
Blake, nella sua opera, si presenta subito come acerrimo nemico del razionalismo illuminista e un fautore dell’immaginazione, qualità intrinseca in ciascuno ma che deve essere lasciata libera di fluire. Secondo lui solo attraverso questa caratteristica un artista può essere in grado di creare e operare quasi magicamente. L’immaginazione in questa ottica viene definita come la chiave di accesso a mondi superiori, divini ma spesso terribili e impressionanti. Del resto, Blake fu da subito influenzato dal pensiero dell’esoterista Jacob Boehme (1575-1624) e soprattutto da quello di Emanuel Swedenborg (1688-1772): filosofo, mistico e veggente svedese che sosteneva la tesi secondo la quale ogni cosa nel mondo materiale ha un suo corrispettivo nel mondo spirituale, a partire dalla nostra natura umana. Blake, nel 1795, realizza una serie di dipinti ispirati alle sue tematiche preferite: Elia sul Carro di Fuoco, Newton, La casa della Morte, Elohim che crea Adamo. Negli anni successivi continua a raffinare la sua tecnica, e comincia ad assaporare il gusto di una discreta notorietà, sia come artista di tempi apocalittici e profetici, che come poeta: escono i suoi Canti d’innocenza e d’Esperienza. Blake è un poeta le cui visioni si presentano di solito come visualizzazioni di incontri con angeli, profeti, spettri, ma le cui opinioni (estetiche, religiose e politiche) si sono forgiate, sia pure polemicamente, entro un preciso orizzonte culturale.
IL BENE E IL MALE
Per Blake il bene è la passività della ragione, il male invece è l’attività straripante di energia. Appare evidente che siamo in presenza di un rovesciamento ironico in cui la preferenza va piuttosto a quest’ultimo polo. Nona caso un capitolo della sua opera poetica Il matrimonio del Cielo e dell’inferno è intitolata Proverbi infernali. Egli sostiene:
Tutte le Bibbie, codici sacri, sono state causa dei seguenti errori: che nell’Uomo ci sono due principi reali di esistenza, cioè un Corpo e un’Anima. Che l’energia chiamata Male, procede solo dal Corpo, che la Ragione, chiamata Bene, procede solo dall’Anima. Che Dio in eterno torturerà l’Uomo avendo egli seguito le proprie Energie. Ma seguenti Contrari a tali Errori sono Verità: Nell’Uomo non c’è un Corpo distinto dall’Anima; il cosiddetto Corpo è una parte dell’Anima che i cinque Sensi, maggiori antenne dell’Anima in questo evo, discernono. Solo l’Energia è vita, e procede dal Corpo; la Ragione non è che il confine o il cerchio esterno dell’Energia. L’Energia è l’Eterno Piacere...
Il diavolo sembra essere stato un’ossessione per Blake. Ricorre infatti spesso nelle sue opere seppur spogliato del suoi significato cattolico e rivestito di una magnificenza legata al concetto gnostico di quest’ultimo. Lucifero che si fa alleato dell’uomo conferendo lui la possibilità di mangiare il frutto della conoscenza e rendersi indipendente dal suo tiranno creatore. Una gnosi tutta rivolta verso la dignità umana che spezza le catene della sottomissione e vede nella disobbedienza la chiave della felicità. In questa opera vediamo Lucifero prima della sua caduta che estende il globo del potere spirituale e lo scettro del potere temporale. Il disegno è tratto da una serie di acquerelli realizzati per Thomas Butts e porta il nome di “Satana nella sua gloria originale”. In The Great Red Dragon Paintings, dipinti tra il 1805 e il 1810, le immagini a commento dell’Apocalisse di Giovanni finiscono per celebrare un magnifico Satana alato, cornuto come un ariete, tri-teste come un cerbero e maestoso come un grifone.
URIZEN
Il testo più visionario e velato di misticismo che William Blake abbia mai scritto risale al 1794 ed è intitolato Il primo libro di Urizen, anche se in realtà non ce ne fu mai un secondo. In questo cosmologico libro di immagini, Blake raffigura e descrive il suo tirannico demone Urizen. Il poema in sé è una cupa satira del racconto della Creazione. Ne emerge una sorta di contro gnosi nella quale Blake rovescia completamente la visione monoteista della creazione ispirandosi alle dottrine eretiche degli gnostici, seppur creando un personaggio tutto suo. Urizen è l’incarnazione del crudele Dio del Vecchi testamento, colui che, come un demiurgo stolto, crea la materia imprigionandovi al suo interno l’anima e la scintilla divina. Egli impegnato negli “enormi travagli” impone la sua “ratio dei cinque sensi” sulla vita ribelle, di cui non ha capito la natura. Urizen simboleggia quindi la ragione intesa come astratta speculazione normativa. Di per sé non è male, ma diventa una forza distruttiva nella misura in cui pretende di esercitare un dominio assoluto sull’uomo. Secondo Blake infatti i sette giorni della creazione rappresentano sette fasi dell’imprigionamento e del legamento dell’uomo “nella caverna”, entro i limiti di un mondo vissuto solo mediante i cinque sensi. In questa realtà giacciono inquietanti terribili e possenti raffigurazioni di forme di vita rese deformi dalla sofferenza per la tirannia delle leggi della natura di Urizen e la sua moralità basata su leggi non spirituali . Gli spiriti della vita sono ricacciati nella regione della coscienza, dove ogni anima ha il suo posto nei vertigini abissi del tempo e dello spazio, nel vuoto che fa rabbrividire l’anima.
L’ideale ascetico propugnato dal Cristianesimo, appare così come una mortificazione degli istinti vitali, a cui solo la riscoperta delle forze primarie e la corrispettiva liberazione delle compulsioni inibite, può porre rimedio. Ma le antitesi blakeiane corpo-ragione, ideale-vita si arricchiscono di tutto un impianto mitico attinto dalla letteratura cabbalistica, gnostica, catara. E’ dalla riconciliazione di Urizen con Los (spirito profetico) e con Luvah (la passione) che l’uomo eterno, ora sconfitto, può risorgere.
Andrea Pellegrino
Articolo pubblicato su Mistero Megazine di Dicembre 2017.